di Giuseppe Marzo e Paolo Mucciacciaro
pubblicato in FiloDirettoDirigenti, 2014, pp. 7-10.
A fronte di tante pubblicazioni, annuali e corsi su come fare un business plan, c’è una differenza sostanziale tra il come dovrebbe farsi e il come si fa.
Questo articolo riflette su tre aspetti fondamentali relativi alla costruzione di un business plan, soffermandosi sugli errori più frequenti riscontrati nella nostra esperienza:
1.Pensare al business plan come un insieme di numeri
2.Ritenere che per fare un buon business plan sia necessario un software o almeno un foglio elettronico già predisposto
3.Ritenere che il business plan debba farsi solo per ottenere nuovi prestiti e che, dopo aver assolto a tale importante compito, possa poi finire “nel cassetto”, da cui eventualmente sarà tirato fuori per essere aggiornato alla bisogna (di nuovi finanziamenti, ovviamente).
Innanzitutto è necessario ribilanciare il ruolo dell’analisi economico-finanziaria rispetto a quella strategica e organizzativa. Il tempo maggiore dovrebbe essere dedicato non tanto alla realizzazione del modello economico-finanziario, ma all’elaborazione, verifica e validazione del modello strategico. Le condizioni in grado di garantire il successo strategico-competitivo si tradurranno anche in valori economico-finanziari. Ma se quelle non sono correttamente individuate e analizzate il successo dell’impresa sarà sempre e solo un successo di carta.
È proprio lo sviluppo dell’analisi strategica e organizzativa a rappresentare il software veramente necessario alla costruzione di un business plan.
Infine, e come al solito lasciando per ultimo il tema più importante, l’utilità fondamentale che il piano può offrire è soprattutto nella sua capacità di essere guida per la gestione di impresa. Esso è tale in quanto gli obiettivi che nel piano si formalizzano siano sorretti da una strategia coerente che poggi sia sulla disponibilità di adeguate risorse sia sulla loro organizzazione. Ovviamente, non solo sulla carta!
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