di Giuseppe Marzo
Questa affermazione non vale però molto spesso per le imprese. La determinazione del prezzo di vendita dei prodotti o servizi che offrono al mercato è uno dei temi più critici, come dimostrano molte ricerche sul campo.
Ci sono vari approcci e varie problematiche. Alcune imprese, ad esempio, partono dai costi di produzione e ci aggiungono un mark up. È la logica del cost plus. Ma è chiaro che i costi possono calcolarsi in molti modi e anche il “mark up” non vive di vita propria. Ci sono le imprese che si dimenano tra il calcolo basato sui soli costi diretti o variabili, o sui costi pieni. E il mark up? Come determinarlo?
All'estremo opposto ci sono le imprese che aderiscono alla filosofia del target costing. Questa stravolge le logiche del pricing. Non parte dal costo per aggiungerci il margine, ma invece parte dal prezzo accettabile dal cliente per sottrarre il margine desiderato dall'impresa e definire così il costo massimo di produzione del bene. Qui il problema principale è di identificare il prezzo massimo accettabile dal cliente (e sperare che il costo massimo sia un obiettivo possibile!).
Tra i due estremi poi si agitano tanti casi particolari.
Ci sono ad esempio le imprese che stabiliscono il prezzo in base ad un’antica formula segreta, ereditata dai padri fondatori oppure da non ci-si-ricorda-più-chi; quelle che “il prezzo lo fa il cliente e noi non ci possiamo fare niente!” (la maggior parte di questi tempi) e quelle che “se il cliente vuole, compra al prezzo che diciamo noi” (in numero sempre inferiore).
Insomma: fare il prezzo non è facile. Però una cosa è certa: che esso si muove all'interno di un triangolo i cui vertici sono: i costi, i clienti e i concorrenti.
Non è conveniente vendere un prodotto o un servizio ad un prezzo inferiore ai costi di produzione e non è possibile venderlo ad un prezzo superiore al valore che il cliente attribuisce al bene. La presenza di prodotti simili o differenti (e qui entrano in gioco i concorrenti) riduce o allarga la distanza tra costo e valore per il cliente e consente all'impresa maggiore o minore possibilità di manovra.
Caso 1. Un’impresa che produce complementi per l’edilizia ha sperimentato, modificando i prezzi nel corso del tempo, una diversa reazione delle quantità vendute (quella che gli economisti chiamano elasticità della domanda) per diverse categorie di prodotti. Chiaramente il fatto che il prodotto venduto fosse più o meno simile a quello venduto dai concorrenti si rifletteva sull'intensità di quella reazione. Un’analisi più approfondita ha consentito di ridefinire il prezzo dei prodotti: in alcuni casi la riduzione del prezzo ha portato ad un incremento tale delle quantità da aver aumentato i margini ottenuti; in altri casi lo stesso risultato si è invece ottenuto con l’aumento del prezzo e malgrado la riduzione delle quantità vendute.
Caso 2. Un’impresa di componenti meccanici ha sperimentato un incremento dei margini aumentando progressivamente il prezzo di vendita. Il fatto interessante è che l’aumento del prezzo non ha determinato alcuna riduzione delle quantità vendute. Segno questo che i clienti attribuivano al prodotto un valore ben maggiore di quello identificato dal prezzo (e in questo caso la corretta gestione dei rapporti con il cliente è stata un valido aiuto).
Caso 3. Un’impresa che produce macchinari per la produzione di energia da fonti rinnovabili agricole era alle prese con il problema di determinare il prezzo per un nuovo macchinario. L’analisi condotta, rispetto ai modelli esistenti, ha consentito di verificare che il nuovo modello consentiva all'acquirente un notevole risparmio sia per la maggiore efficienza sia perché permetteva l’eliminazione di alcune attività ora svolte in automatico dalla macchina. Il prezzo per il nuovo modello è stato fissato in funzione del valore d'uso, partendo dai modelli esistenti e aggiungendoci una parte dei risparmi che la nuova macchina avrebbe consentito di ottenere.
Caso 4. Un’impresa che produce componenti elettronici ha studiato l’incremento di efficienza connesso all'aumento dei volumi di produzione (si tratta delle cosiddette economie di apprendimento) e ne ha ricavato un modello sufficientemente robusto. Per ogni nuovo prodotto l’impresa valuta l’appetibilità per il cliente di un prezzo più basso e l’effetto positivo che il conseguente aumento dei volumi di vendita produce sui suoi costi. Il prezzo è così fissato in funzione dei costi futuri che in ultima analisi… dipendono proprio dal prezzo attuale. Una sorta di ritorno al futuro!